Serena Williams e Patrick Mouratoglou, un’unione ormai collaudata, sia in campo… che fuori. Da quello che sembrerebbe ormai un lontano 2012, il duopolio franco-americano domina in modo incontrastato le scene, con i riflettori puntati quasi esclusivamente su di esso. Se è vero, dal un lato, che il tennis femminile sta vivendo senza dubbio un periodo di transizione e di ricambio tra le giocatrici, è altrettanto vero che, complice lo strapotere di Serena, ai vertici le variazioni sono spesso di breve durata. In questo incide particolarmente il metodo di valutazione adottato per le classifiche che, se da una parte premia la continuità, dall’altra rende forse troppo onore agli “exploit” isolati; ciò fa sì che nel caso in cui una giocatrice non abbia la continuità durante tutta la stagione, possa ritrovarsi incredibilmente tra le Top10 in un certo periodo, salvo poi scendere drammaticamente in classifica.
Serena, dal canto suo, sta disputando probabilmente la miglior stagione della sua carriera, sicuramente tra le migliori di tutte le varie epoche tennistiche. Ha completato, in un soleggiato sabato londinese, il suo secondo “Serena Slam”, dopo quello conquistato a cavallo tra il 2002 ed il 2003, ed ora guarda con ambizione al Calendar Career Grand Slam, ovvero riuscire a vincere tutti e 4 i Major nella stessa stagione. Sarebbe “solamente” la quarta tennista, in campo femminile, a riuscire nell’impresa, insieme a Maureen Connolly, Margaret Court e Steffi Graf (che vanta, nello stesso anno, 1988, anche l’oro olimpico).
Qual è il segreto del ritorno al successo di Serena Williams? Probabilmente Patrick Mouratoglou. “E’ un grande allenatore, ed io sono una grande studiosa”, ammette Serena. “Riusciamo a capirci e ciò mi ha consentito di migliorarmi, anche oltre i 30 anni”. Quella che da sempre è mancata a Serena, è stata la continuità e la voglia di allenarsi seguendo un regime rigido, da vero professionista. Il merito di Mouratoglou è stato quello di essere riuscito a “disciplinare” Serena, motivandola, e portandola a credere di più in se stessa. Perchè Serena, nonostante l’aspetto imponente e gli occhi da tigre, nasconde una fragilità tipica del mondo femminile, che è emersa, non a caso, lo scorso anno, quando, complice la separazione sentimentale con il francese, ha visto crollare tutte le sue certezze, e ciò ha influito conseguentemente nel suo rendimento in campo. Sebbene sia una leggenda indiscussa della disciplina, la minore delle sorelle Williams ha dovuto far fronte a molti episodi drammatici durante la sua vita: dagli esordi non proprio felici a Compton, ai numerosi infortuni, tra cui un’embolia per la quale ha rischiato la vita, fino ad arrivare alla morte della sorella Yetunde, nel lontano 2003, uccisa durante una sparatoria a Los Angeles. Aspetti che esulano da quella che è la sua carriera prettamente tennistica, ma che l’hanno resa più fragile nella quotidianità. Per me è ancora difficile parlare di quello che le è successo”, dice Serena, “era di 9 anni più grande, e per me era una sorta di seconda madre. Le avevo parlato qualche ora prima, ed era così contenta di come stavano andando le cose. Quando ho saputo cosera successo è stato come vivere un incubo. Mi sono presa una pausa dal tennis, ma sono tornata a giocare quasi subito. Succede quando affronti una tragedia: ti butti nel lavoro per non pensare a quello che è successo.
Il 2012 ha tennisticamente rappresentato un anno di rinascita per Serena, un ritorno in auge, diverso da tutti i precedenti. In seguito alla già citata embolia infatti, Serena si rese conto di amare il tennis più di quanto non lo avesse mai amato, proprio perchè solo in quel momento è riuscita ad apprezzarlo realmente. La Williams era ormai una donna matura, diversa dalla bambina prodigio che nel 1999 incantò il pubblico di New York; con maggior consapevolezza, e con la voglia di divertirsi. Ed ecco che spunta fuori la figura di Patrick Mouratoglou, ex allenatore tra gli altri di Baghdatis, Rezai, Chardy, Dimitrov in parte ecc., che stravolge la vita di Serena. Dopo una vittoria sudata a Wimbledon nel 2012, è l’inizio di una cavalcata senza precedenti. Nessuna mai è riuscita ad imporre il proprio dominio, come Serena, oltre i trent’anni di età. L’americana ha incamerato dal 2012 ben 8 titoli del Grande Slam, a fronte dei 13 già conquistati dal 1999 al 2011, e 3 WTA Championships, oltre alla medaglia d’oro alle Olimpiadi. Se a questo aggiungiamo una permanenza al vertice che ormai va avanti dal torneo del Qatar, nel 2013 (no.1 più “anziana” di sempre), è facile dedurre come vi sia quasi del surreale in tutta la sua vicenda. Sabato scorso, ha scalzato un altro record, diventando la giocatrice più anziana a vincere una prova del Grande Slam (33 anni e 286 giorni), seguita da Martina Navratilova. Molti la definiscono già “la più grande tennista di tutti i tempi”, il famoso “GOAT”, ma non credo che questo sia un aspetto primario. La grandezza di Serena sta nell’aver portato il tennis femminile su un altro pianeta, grazie alla sua potenza fisica ed all’atletismo, veri e proprio marchi in casa Williams.
E le avversarie? Questo è un dibattito che spesso circola tra appassionati ed addetti ai lavori. Molti sostengono che Serena giochi praticamente da sola e che non abbia avversarie in grado di poterla contrastare. Su questo diciamo che non ci sono grandi dubbi da sfatare. Il distacco, anche in termini di scontri diretti, con le sue due rivali del momento (Azarenka e Sharapova) è impietoso, se calcoliamo che, insieme, Maria e Vika hanno vinto appena 5 match contro Serena, a fronte delle 35 dell’americana. La Sharapova non vince ormai un match dal lontano 2004 quando sconfisse Serena in due occasioni, a Wimbledon ed ai WTA Championships di Los Angeles; l’Azarenka è in realtà l’unica giocatrice che riesce a dare veramente filo da torcere a Serena, ma, la maggior parte delle volte, ne esce sempre sconfitta. Senza alcun dubbio la top5 attuale è di gran lunga inferiore a quella che ha caratterizzato gran parte della carriera di Serena, nonostante invece, oltre la top15, il livello si sia alzato probabilmente.
Prendiamo in esame gli scontri diretti con le sue avversarie di sempre, le famose “ex” che il tennis femminile rimpiange. Serena conduce 10-2 negli scontri diretti con la Mauresmo, 10-4 in quelli con la Davenport, 8-6 contro la Henin, 15-11 in quelli con sua sorella Venus, 7-2 contro Kim Clijsters, 10-7 contro la Capriati, 7-6 con Martina Hingis, 5-1 contro Mary Pierce, 8-2 contro Svetlana Kuznetsova ecc.
Il suo bilancio è positivo con TUTTE le avversarie incontrate durante la sua carriera, a conferma del fatto che il suo dominio non abbia mai conosciuto vere e proprie barriere insormontabili, se non grandi campionesse capaci per lunghi tratti di esprimere un tennis in grado di creare problemi a Serena. Ovviamente i meri dati statistici non rendono onore nè al talento delle giocatrici citate nè alla loro carriera. Stando però ai numeri, le assolute rivali di Serena sono state 3 principalmente: Justine Henin, Venus e Jennifer Capriati (fino al 2004), se escludiamo la Hingis contro la quale i match giocati risalgono al periodo 1998-2001, quando Serena era ancora una giocatrice acerba al contrario di Martina che si era già affermata a grandi livelli. La concorrenza era senza dubbio spietata, e restano molti punti interrogativi sulla sua rivalità con Venus, nella quale non sappiamo bene in realtà se i match fossero così “veri”, oppure se ci fosse lo zampino di papà Richard. Un altro dato da considerare è che Serena dal 2004 al 2006 abbia subordinato il tennis ad altre attività, tra cui la moda, la televisione, le copertine e la mondanità, e sia stata vittima di un infortunio che le ha precluso parte del 2006. E’ ovvio che nessuno l’abbia mai obbligata a distogliere lo sguardo dal tennis, ma è altrettanto vero che è una variabile da considerare. Quindi, avversarie a parte, mi sento di dire che se Serena avesse avuto alle spalle un Mouratoglou qualsiasi che l’avesse disciplinata sin da quando era una giovane ragazzina che si affacciava all’Olimpo del tennis, forse adesso avrebbe già lasciato il tennis, ma probabilmente avrebbe ottenuto in passato quello che invece sta ottenendo adesso.
Confrontare perciò il Serena Slam del 2002/03 con quello, recentissimo, a cavallo tra il 2014/15 sarebbe un’impresa ardua, se lasciassimo da parte le statistiche. Le stesse statistiche che ci dicono che nel primo “Serena Slam”, la Williams ha sconfitto un maggior numero di campionesse Slam, durante il suo percorso, un maggior numero di top10, e, dulcis in fundo, giocatrici che avevano una classifica media superiore rispetto a quelle attuali. In due degli ultimi 4 Slam inoltre (Roland Garros 2015 e Us Open 2014), Serena non ha dovuto battere nemmeno una Top10 per alzare il trofeo. Una colpa certo non attribuibile all’americana. Quello che colpisce del secondo “Serena Slam” è soprattutto l’età in cui esso è avvenuto (33 anni); e, se da un lato è innegabile che il panorama femminile non offra attualmente punte di diamante, è altrettanto innegabile che comunque per rimanere così dominanti oltre i 30 anni, non basta chiamarsi Serena Williams. E con questo torniamo al concetto di base, ovvero a colui che è stato il motivatore di Serena. La domanda che sorge spontanea è: varie tenniste, tra cui la Henin, la Clijsters, sono rientrate nel circuito dopo diversi anni di stop, salvo poi, soprattutto nel caso di Justine, ritirarsi a causa di problemi fisici (e con la consapevolezza di non poter più dominare come prima, aggiungerei). Chi, tra le ex giocatrici, sarebbe riuscita a dominare nuovamente le scene come sta facendo Serena Williams?
Con un punto di domanda che rimarrà irrisolto, ci auguriamo che il tennis femminile torni a splendere, con nuove campionesse in grado di rimpiazzare le leggende del passato.