16 Febbraio 1959. Questa data ad alcuni non dirà molto, ma i grandi appassionati di racchette e palline, sanno che in quel giorno nacque uno dei più talentuosi tennisti di tutti i tempi, John Patrick McEnroe, giocatore a cui calza più che a pennello la famosa massima Genio e Sregolatezza: in molti oggi hanno ricordato le imprese sportive del grande campione americano 65enne, e siccome a noi piace distinguerci, parleremo invece del lato oscuro del Mac, il Mac versione Superbrat, ovvero il super moccioso, e di come in campo a volte, anzi spesso, perdesse completamente il ben dell’intelletto.
Ad onor del vero, anche a mente fredda, in conferenza a stampa per esempio, non scherzava affatto, diventando solo più tagliente e caustico di quanto non lo fosse in campo: “Nel tennis, chiedere scusa dovrebbe essere considerato contro il regolamento”.
Al giorno d’oggi, spesso ci scandalizziamo per certi atteggiamenti in campo di Novak Djokovic o di Holger Rune, tanto per buttar lì due nomi a caso: i tennisti moderni, tuttavia, nelle loro manifestazioni di insofferenza, sono semplici dilettanti allo sbaraglio, pudiche educande, in confronto a John Superbrat che elevò le sue incredibili sceneggiate a vera arte teatrale.
Onestamente, non so se il mancino americano potrebbe giocare a tennis oggi e finire una partita senza essere espulso: tra Occhio di Falco e Giudici Elettronici, il suo lato oscuro avrebbe finito per farlo impazzire completamente o lo avrebbe convinto che mangiarsi vivo il giudice arbitro non sarebbe poi stata una così cattiva idea.
Hanno calcolato che McEnroe abbia accumulato circa 80.000 dollari in multe, un record, ed è stato il primo giocatore nella storia del tennis Open espulso durante un torneo del Grande Slam, in Australia: erano appena entrate in vigore le nuove regole legate ai warning e ovviamente il Bad Boy stelle e striscie le ignorava bellamente. Dette in escandescenza a tal punto che si si beccò in rapida successione, warning, penalty point ed espulsione, senza passare dal via, come al Monopoli.
Ho parlato a proposito di lato oscuro del Mac. Vi ricordate quando il tremendo mancino si affacciò alla ribalta del mondo tennistico internazionale? Era il 1977 a Wimbledon, quando giunse in semifinale a partire dalle qualificazioni, proprio l’anno di uscita nei cinema dell’indimenticabile film Guerre Stellari.
Effettivamente il Mac è stato nel contempo Luke Skywalker, il giovane cavaliere Jedy che con la sua racchetta laser affettava gli avversari per la gioia di tifosi grandi e piccini, e Darth Vader, l’uomo nero con elmetto ed asma, il cattivo più cattivo dell’Universo che sedotto dal lato oscuro della Forza, insultava arbitri, avversari, pubblico e pure giornalisti.
Furente urlò al tennista Brad Gilbert:”Non ti meriti di giocare sul mio stesso campo! Sei il peggiore!”. Ma non risparmiò neppure i suoi colleghi televisivi:”Se mi avessero detto 30 anni fa che avrei fatto il commentatore, avrei risposto di non insultarmi”. E cosa disse ad un povero spettatore reo di averlo disturbato in campo:”Quali altri problemi hai oltre a essere un disoccupato, un idiota e un co…one?”.
Naturalmente erano soprattutto gli arbitri durante le sue partite ad essere investiti dagli strali verbali del vulcanico Mac. Numerosi sono i suoi insulti geniali passati alla storia del tennis e secondo me il più divertente è quello rivolto ad un povero giudice completamente calvo:”Se quella palla è buona, tu sei un capellone!”. Non posso tuttavia non citare la leggendaria “You cannot be serious!”, forse la più famosa uscita del Mac: con la sua ormai mitica esclamazione ci intitolò pure la propria autobiografia, che neppure farlo apposta, divenne un best sellers.
Vi lascio con una citazione del GOAT del mio cuore, che da sola riassume alla perfezione quello che è il Mac nella sua essenza di tennista: genio allo stato puro, tennista consapevole del proprio talento, incredulo quando la sconfitta lo coglie di sorpresa e perplesso di come sia stato possibile uscire dal campo senza la vittoria nel borsone del tennis.
“Questa sconfitta mi ha insegnato una lezione, ma non so quale sia…”