Nell’immaginario collettivo, soprattutto per coloro che si limitano all’aspetto esteriore, il tennis appare come uno sport razionale e lineare in cui tutto segue una precisa dinamica, senza scossoni e particolari alterazioni di equilibri. Eppure, andando a scavare più in profondità, troviamo illustri esempi di individualità fondate su un ego esorbitante ed inquieto, incapace di reggere appieno le pressioni dell’ambiente circostante. Uno dei più brillanti talenti che abbia scritto la storia di questo sport, facendosi apprezzare per l’imprevedibilità anche fuori dal campo, è stato indubbiamente Goran Ivanisevic, “cavallo pazzo”: un nome, tutto un programma. La sua figura scalpitante emerse per la prima volta nel 1990, anno in cui ottenne importanti risultati a livello major, scalzando avversari già affermati grazie ad un’arma devastante del suo repertorio, ossia il violentissimo servizio tirato al limite spesso e volentieri anche con la seconda palla. Il croato non hai mai saputo trovare una via di mezzo tra i suoi istinti e le logiche tennistiche, è sempre stato bianco o nero; tuttavia è principalmente per quest’aspetto che viene ricordato con così tanto piacere e soprattutto con un gran sorriso, memori delle sfuriate a cui aveva abituato il pubblico ed i giornalisti. Le sue partite erano uno spettacolo pazzesco in cui il copione non veniva mai rispettato. Tutto aveva inizio da quella bordata iniziale ed il finale, alla cui ricerca si arrivava con la massima rapidità possibile, non era mai prevedibile. Questo è stato Goran Ivanisevic, incontrollabile ed inquieto verso le sue stesse passioni.
CARATTERISTICHE TECNICHE – Anche nell’esecuzione del movimento del servizio, Goran si distingueva in modo netto dagli altri tennisti. Un rapidissimo palleggio introduttivo, accompagnato da un lieve sollevamento del piede sinistro, dava avvio ad un fulmineo gesto che rendeva imprevedibile la traiettoria. Tutto avveniva infatti nel minor tempo possibile perché Ivanisevic aveva bisogno di non pensare, di basare ogni singolo punto sull’istinto del momento. Il lancio di palla era molto basso, poco sopra la testa; ciò rimarcava la rapidità della rotazione di braccio e spalla che avveniva in pochissimi istanti. Le gambe infatti contribuivano soprattutto alla ricerca dell’impatto migliore possibile con la palla, ma la spinta maggiore era provocata per la maggiore dalla parte superiore del corpo.
ASPETTI TATTICI – Il servizio rappresentava il colpo migliore del repertorio del croato, nonché quello principale, anzi essenziale, nelle trame tattiche del suo tennis. Detestava in modo assoluto il palleggio da fondo poiché implicava, a suo dire, troppa concentrazione, ergo tempo per pensare; e Goran non voleva meditare sull’angolo e la traiettoria, ma solo colpire il più forte possibile. Ecco perché il servizio, pur essendo il fulcro del suo gioco, spesso si tramutava in un suicidio sportivo. Nei momenti di massima tensione, come testimoniano alcuni singolari episodi della sua carriera, il meccanismo si inceppava completamente e funzionava all’inverso, sfornando doppi falli a raffica anziché aces. Che fosse prima o seconda palla, in questi casi poco importava: tutto era dominato dalla pulsione del singolo momento, senza spazio per la razionalità. La battuta assolveva la funzione del gioco offensivo tout court, senza attendere l’errore dell’avversario o dilungarsi in estenuanti scambi. Talento immenso, senza dubbio, ma scriteriato nelle scelte. Ma proprio questa peculiarità lo ha reso eterno.
UN CENNO ALL’ESTETICA – Il movimento di Goran era certamente affascinante, decisamente singolare ed atipico nel circuito. Questa rapidità di esecuzione lasciava allibito lo spettatore e, tra l’altro, varie volte interdetto l’avversario, incapace di individuare in anticipo la traiettoria della pallina. Impressionava moltissimo la forza generata con le spalle, motore principale della velocità della palla, poiché gli arti inferiori spingevano poco. Tutto molto entusiasmante e particolare, in pieno stile Ivanisevic.
Per capire di che tipologia di personaggio stiamo parlando, è sufficiente soffermarsi ad ammirare la sua esultanza folle dopo la vittoria a Wimbledon. In quei pochi attimi di gioia infinita sono rinchiusi i sogni e le paure dell’omone di Spalato, Goran “cavallo pazzo” Ivanisevic.
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Aspetto qualcosa su Borg!!!!!
Basta vedere la finale persa con Agassi nel 1992..37 aces….
Kyrgios è abbastanza simile da questo punto di vista