Il Roland Garros non è morto, lunga vita al Roland Garros. Tra incertezze e contraddizioni, una sola sicurezza: lunedì comincerà il terzo Slam dell’anno che stavolta è quello di Parigi. Pochi, forse pochissimi avranno il privilegio (o il coraggio) di sedersi sui seggiolini bianchi e freddi del Philippe Chatrier. Tanti, probabilmente tantissimi saranno coloro che si siederanno al caldo dei propri divani a guardare un torneo che sarà senz’altro un unicum.
Già accennato al discorso spettatori, restano molte incognite. Prima su tutti, le palline: da quest’anno la FFT ha deciso di passare da Babolat a Wilson, marchio storicamente volto alla creazione di sfere per il cemento. Come è normale, l’azienda di Chicago ha progettato una pallina ad hoc, più resistente e più predisposta agli scambi lunghi di quella usata a Flushing Meadows. La palla Wilson, secondo coloro che già l’hanno provata, rimbalzata molto meno delle precedenti ed è più leggera. Dominic Thiem è stato molto chiaro: «le nuove palline svantaggiano me e Rafa, quelle di prima erano più adatte al nostro gioco». In effetti, i dritti in top dello spagnolo potrebbero divenire più gestibili e leggibili, visto che in condizioni “normali” quel colpo rimbalza altissimo diventando davvero complicato da manovrare. Patrick Mouratoglu ha fatto eco al nuovo vincitore Slam: «le palle saranno meno vivaci del solito, il topspin di Rafael potrebbe soffrirne».
Altro punto di domanda è il meteo. Parigi non è Londra, e su questo non ci piove, ma la settimana prossima potrebbe piovere eccome sulla capitale francese: le previsioni dicono che dal cielo verosimilmente cadrà acqua almeno per i primi sette giorni. Il nuovo tetto del Philippe Chatrier sarà già costretto agli straordinari: ciò comunque permetterà almeno ai match più importanti di concludersi regolarmente. I primi giorni però potrebbero essere di complicata gestione per gli organizzatori, vista la mole immensa di partite in programma. Dal punto di vista “tecnico”, poi, i campi resi pesanti dall’umidità e dall’acqua allungheranno ancor di più gli scambi rendendo i rimbalzi della pallina più controllati. Forse non c’è nemmeno bisogno di scriverlo, ma l’aspetto mentale conterà più del normale: le lunghe attese o le interruzioni favoriranno chi è più solido di testa, più abile a non sprecare energie nervose e a non deconcentrarsi durante le pause. Impossibile non ricordare la finale di Roma 2019, in cui Zverev perse totalmente il controllo di sé stesso e del proprio gioco durante un lungo rain delay e al rientro in campo si concesse tennisticamente a Nadal.
E dunque, eccoci giunti ai pronostici: Boris Becker, uno che di tennis ne capisce abbastanza (le sue sei vittorie Slam parlano per lui), ha detto che il favorito resta, in ogni caso, Rafael Nadal. Sono d’accordo con lui. Non mi sentirei corretto con la mia coscienza se non mettessi il dodici volte campione di Parigi al primo posto nella graduatoria dei possibili gagnant. Perché è vero che le condizioni potrebbero sfavorirlo, che la sconfitta romana contro Schwartzman pesa, che dal primo di marzo ha giocato solo tre partite ufficiali e che il tabellone del Roland Garros è più difficile del previsto (potrebbe trovare agli ottavi Fognini, ai quarti Zverev e in semifinale Thiem). Ma siamo onesti: non credo che Nadal non riuscirà a trovare delle efficacissime contromisure; è possibile che vedremo un Rafa differente, più votato all’attacco e meno al palleggio da fondo, quando e se dovesse rendersi conto che il proprio dritto non è penetrante come altrove. In tutti i tornei dello Slam disputati nell’ultima stagione ha vinto più del 70% dei punti giocati a rete, e già cinque anni fa suo zio Toni disse che around the net Rafa era tra i migliori del circuito. Il Roland Garros 2020 sarebbe il suo ventesimo titolo Slam. Perché dilungarsi tanto nello spiegare la scelta, allora, direte voi? E avete ragione. Passiamo oltre.
Potrei scrivere anche di Djokovic e Thiem, così poi sarebbe facile dire che ci avevo visto giusto, ma la verità è che se vincesse uno di costoro il mio pronostico risulterebbe fallimentare. E allora mi dedico agli outsider o presunti tali. Due che a mio parere possono fare un ottimo torneo sono Denis Shapovalov e Andy Murray. Calma: so che il secondo potrebbe perdere già al primo turno contro Wawrinka, ed è possibilissimo (anche secondo le quote) che ciò accada, ma credo che questo potrebbe essere il torneo del vero ritorno per lo scozzese. Andy copre bene il campo, le condizioni di umidità potrebbero favorirlo, è un lottatore ed è fresco perché non ha giocato dopo lo US Open. Potrebbe aver bisogno di qualche game di rodaggio, visto e considerato che non gioca un match ufficiale su terra battuta dal 9 giugno 2017. Ma c’è spazio per recuperare perchè si gioca tre su cinque. È una grande scommessa e se dovesse arrivare alla seconda settimana il suo Slam sarebbe già un successo. Dopo la montagna Stan, in caso di vittoria, incontrerebbe il vincente tra Koepfer e Hoang, per poi sfidare con probabilità Auger-Aliassime. Contano poco, comunque, gli avversari: Andy è in grado di vincere e di perdere contro chiunque, soprattutto in questa fase della sua carriera. I progressi mostrati negli ultimi tempi fanno sperare che sia più orientato verso il primo dei due infiniti.
E poi c’è Shapovalov, il quale con l’aiuto del colonnello Youzhny sta ottenendo risultati eccellenti. Nell’ordine, nel post-lockdwon: secondo turno a Cincinnati, quarti di finale a New York e semifinali a Roma. Un climax ascendente che è lì a testimoniare quanto stia lavorando bene e quanto il suo gioco oltre che divertente sia anche prolifico su tutte le superfici; l’acuto al Roland Garros sarebbe sorprendente, ma nemmeno più di tanto. Shapo è la testa di serie numero nove e il tabellone, seppur a denti stretti, gli sorride.