ITALIA 2-0: UN COPIONE GIA’ SCRITTO

FED CUP - Tra cassaintegrati, nevrosi e stelline della steppa a Cagliari tutto è pronto per le celebrazioni del quarto titolo italiano.

Oggi si è disputata la prima giornata della finale di Fed Cup. Nel Tennis Club di Cagliari l’Italia, vincitrice tre volte della Insalatiera (2006, 2009, 2010) ha fronteggiato quel che resta della povera Russia. Sono quattro ragazze, giovani inesperte, se escludiamo la quasi-italiana Alisa Kleybanova, top 15 quattro anni fa, prima della battaglia lottata e vinta contro il linfoma di Hodgkin. E se tralasciamo la simpatica Margarita Gasparyan (classe 1994 e n. 315 del mondo) che sarà in scena sono nel doppio, le rimanenti sono le protagoniste di oggi, Alexandra Panova (n. 136) e la giovane Irina Khromacheva, 18 anni appena e n. 236. Costrette, per causa delle diserzioni delle più illustri connazionali, a sbarcare nei sardi lidi per andare incontro a una sconfitta certa. Oggi le abbiamo collegate al mito di Ifigenia. Ora, tanto per restare nella scia di epiche storie – e ciò è curioso perché la giornata di oggi di epico non ha nulla – possiamo collegarle alle fanciulle ateniesi che ogni nove anni dovevano essere spedite nel Labirinto, lauto pasto del Minotauro.

Il Minotauro sono le spadaccine italiane, la squadra più forte del mondo (in assenza delle più forti avversarie). Il labirinto è la città cagliaritana, città natale di Binaghi, in questi ultimi giorni tirata a lucido  in vista di un festeggiamento preannunciato. La Rai non ha perso tempo a garantirsi i diritti tv (ahinoi telespettatori: le cronache di Fabretti-Grande fanno persino rimpiangere Supertennis).  E mentre l’Italia dello sport si appresta a iniettarsi la puntuale dose di autocompiacimento amplificato, l’Italia vera, ruvida e attuale fa capolino quando meno te lo aspetti. Stamattina, mentre le atlete ultimano i riscaldamenti, un gruppo di ex-operai dell’Alcoa di Portovesme si insedia davanti ai cancelli, armati di megafoni e striscioni.  Lo stabilimento della nota industria produttrice di alluminio aveva chiuso a dicembre 2012 e gli operai, senza lavoro, chiedevano il prolungamento della cassa integrazione. Corrado Barazzutti ha accettato di incontrare la delegazione e ha aperto le porte dello stadio per farla entrare in campo, lasciarla parlare della difficile condizione lavorativa sarda.

Solo dopo quel momento il tennis, il gioco, può partire. Dopo i due inni nazionali entra in campo Roberta Vinci contro Alexandra Panova, la quale approfitta dei malesseri fisici della tarantina disputando una buona partita e arrivando vicinissima alla conquista del match. Ma la tensione, la scarsa esperienza e (quasi) tutto uno stadio contro hanno impedito l’irreparabile. E fin da metà del secondo set si è compreso quanto le sorti dell’incontro non dipendessero più dalla tecnica e dalla forma fisica ma fossero passati sui binari del cuore e dell’entusiasmo con cui l’Italia tennistica, a partire dalle sue colleghe, ha sostenuto Roberta fino alla fine.

Vinci miracolata. Panova stanotte non dormirà. Il primo set parte bene per Roberta, che passa subito avanti 2 a 0. Non si fa attendere la risposta della Panova, la quale recupera subito il break e si riporta in parità. L’azzurra conquista un altro break ai vantaggi e risale 4 a 2 ma viene di nuovo recuperata. La russa a questo punto spinge l’acceleratore soprattutto con il rovescio inside out, sua arma migliore, e con un discreto servizio che di certo supera in rendimento la bassa percentuale di prime della Vinci: dopo un nuovo break e contro-break, la russa strappa di nuovo la battuta a 15 e, sul 6-5, chiude il set a 0 con grande autorità.

I problemi per la Vinci, che non gioca match ufficiali sulla terra da molte settimane, si fanno sentire. Un fastidioso torcicollo e un inizio di crampi alla gamba sinistra ne limitano gli spostamenti. Al contrario l’altra non risparmia alcuna energia e nel secondo parziale dal 2 pari vola 5 a 2 e 40-15 al servizio guadagnandosi due matchpoint. E’ a questo punto che le amiche Pennetta e Schiavone, poi raggiunte dalla Knapp, iniziano più agguerrite che mai a sostenere Robertina a gran voce, unite tra le grida del pubblico.
Vinci prende coraggio e, approfittando anche di un errore di dritto dell’avversaria, annulla i tre matchpoint (il terzo ai vantaggi) e strappa il servizio. Galvanizzata dal pericolo scampato Roberta tiene facilmente il servizio e controbreakka a 0 riportandosi in parità. Roby tiene ancora il servizio (annullando una pericolosa palla break) e strappa la battuta di nuovo a 0 aggiudicandosi il secondo parziale.

Il terzo set sembra in discesa per Roberta, che può approfittare della delusione della Panova, afflitta anche a sua volta da qualche crampo alle gambe, energicamente massaggiate durante i cambi campo. Roberta vola 2 a 0 ma viene ancora recuperata. Dopo un break per parte Panova breakka a 30 e tiene il servizio, portandosi 5 a 3. Nonostante gli evidenti segni di stanchezza Roberta tiene il servizio e riesce a brekkare di nuovo, annullando un quarto match-point e portandosi sul 5 pari. Entrambe tengono il servizio fino al 7 a 6 per la Vinci, sempre più incitata dal pubblico. Panova deve servire per restare agganciata ma ai vantaggi compie due errori grossolani, tra cui un doppio fallo, che offrono a Roberta due match-point. Alla seconda occasione Panova lancia in corridoio un dritto in cross stretto e Roberta si getta a terra in lacrime tra la gioia generale e corre ad abbracciare Barazzutti e le compagne tra qualche tic spasmodico di dolore.

La russa ha dimostrato un alto potenziale ma la sua fragilità mentale che le ha impedito di chiudere un match già vinto denota tutte le sue mancanze. Probabilmente stanotte la passerà in bianco a passeggiare nevroticamente sul lungomare in cerca di qualche bella conchiglia da portare alla mamma. Dall’altra parte Roberta ha evitato per un pelo il rischio di divenire tragica eroina di una giornata infausta. Quasi certamente non giocherà il prossimo match a causa dei dolori fisici: la sostituirà Knapp o Pennetta?

Errani spegne la stellina Khromacheva. Verso sera entra in campo Sara Errani, che batte 6-1 6-4 in un’ora e 24 minuti Irina Kromacheva, classe ’95 e n. 236 del mondo. La giovane Irina è considerata (a ragione) una delle più promettenti tenniste russe. Vincitrice del Bonfiglio e finalista a Wimbledon juniores 2012 – sconfitta dalla Barty, la Khromacheva ha già su di sé i tratti della futura outsider. Deliziosa mancina, non molto alta (1,72 cm.) ma dotata di un servizio incisivo quanto acrobatico, efficace nei colpi da fondo, soprattutto con quel rovescio inside out – suo colpo migliore – abilissima e precisa nei dropshot, con cui oggi ha beffato più volte Errani con la sua stessa arma. Sua pecca – se di tale si può parlare – è l’impulsività e l’inesperienza tattica e mentale, ma su questo agirà lo scorrere saggio del tempo.

Ormai è imbrunire e il pubblico, superato il pericolo Vinci-Panova e ritenuta ormai certa la vittoria della Insalatiera, accettava serenamente la comparsa di questa simpatica e buffa russa dall’aria combattiva. Non schiamazzava più dopo ogni punto dell’azzurra e anzi sosteneva, con applausi educati, qualche bella smorzata della Khromacheva, la quale accompagnava ogni quindici conquistato con pugnetto impudente e gridolino di sfida quasi a dire: io darò tutto. Ancor più irresistibile il suo disappunto dopo un errore, seguito da un puntuale rantolo e un gesticolamento tarantolato. Flavia Pennetta, non ancora ripresa dopo il tifo indiavolato pro-Roberta, ora se ne stava in disparte con l’abbiocco, beccata a sbadigliare e guardare l’ora come per chiedere “non è ora di magnà?”. Perfino l’atarassico Tarpischev ha lasciato la sua molle postura da ricovero post-sbornia e ha iniziato a incitare la sua beniamina con qualche battito di mani, inducendola a credere qualcosa di impossibile. Perché puffosa russa, capelli biondi e viso da bambina, forse ci credeva davvero.  E quando nel primo set, sotto 5 a 0, ha evitando il bagel tenendo l’ultimo turno di servizio ha emesso un grido di gioia, manco avesse vinto il set.

Nel secondo parziale la musica cambia un po’. Errani abbassa la guardia e Khromacheva parte a mille con la veemenza di chi non ha nulla da perdere. Tira forte, tira tutto, serve meglio e affretta il ritmo delle sue gambe quanto basta per non restare invischiata nelle trame di Sara. Dopo un break per parte Irina vola 4 a 2 riuscendo, per una decina di minuti, a restituire una qualche parvenza di partita vera, di scampo in extremis alla fossa dei leoni alla quale la giovane puledra era fin dal principio destinata. Gli spettatori si svegliano dal torpore autunnale e ricomincia a volare qualche fischio, qualche “Vamos Sara!” qua e là tra un punto e l’altro. La romagnola comunque non soffre per molto: sparito l’entusiasmo iniziale da impertinente teenager si scioglie come neve al sole e perde i quattro game consecutivi come fosse niente, sparacchiando qua e là e commettendo errori spaventosi. Sarita ringrazia e costruisce la sua rimonta con la stessa calma con cui si compila un modello 730, vince, stringe la mano all’avversaria e (quasi) non esulta neanche.

Due a zero per l’Italia, dunque, contro quel che rimane della Russia. Tutto come da copione. Domani dovremmo finire presto, altisonanti celebrazioni incluse, appena in tempo per vedere il campionato di calcio.

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