Accompagnati da uggiosi suoni di arpe e flauti dolci, si enuncia, come malinconica orazione funebre, l’uscita simultanea dei due eccellentissimi semidei (uno, per la verità, incarnazione stessa del Divino) dalla top 4 del ranking mondiale. Saluta tutti con un sorriso maldestramente celato, l’anticipatore seriale nipponico Kei Nishikori, che eguaglia, senza giocare, il suo piazzamento migliore. Ma bando alle ciance, parliamo di tennis.
Nell’inquinata Pechino, tra l’ennesima sconfitta di Fognini con un Ferrer strabico e zoppo ed un parterre di giudici di linea, presumo, ciechi dalla nascita, un tripudio di rincorse e ribattute spengono sul più bello l’immacolato estro di Grigor Dimitrov, che gli ha consentito, nella corsa al titolo sfiorato, di piegare per la prima volta in carriera la versione anziana di Zio Toni, scesa in campo per sostituire il nipote colto da un attacco fulminante di gastrite. Tutto ciò porta come logica conseguenza la vittoria del frizzantissimo Andy Murray che, oltre al titolo di Sir ottenuto dopo l’agognata vittoria a Wimbledon, ha ricevuto, come immortale riconoscimento, la carica di Imperatore di Cina, creando palpabile tensione con la Regina Madre d’Inghilterra, che vede nascere nel baronetto un nuovo subdolo nemico da affrontare per ottenere la supremazia a livello mondiale.
Giustizia vuole, però, che il dolore fisico provato con la vittoria del vampiro scozzese sia compensata, almeno in parte, dal successo in campo femminile della vellutata Radwanska, unica interprete di un tennis armonioso e geniale che contrasta alla perfezione le inutili ed ottuse padellate delle sue sgraziate avversarie, impotenti di fronte a tali, perfette variazioni. Tra gli altri fatti (in)degni di nota, spicca, come da copione, la lieta debacle di Angelique Kerber, inossidabile leader del circuito femminile, che abbandona la capitale contro una Svitolina qualunque, che, con noncuranza, la prende amabilmente a pallate. Credetemi, finirete per rimpiangere Serena. Che lo vogliate o no.
Concentriamoci allora sul torneo di Shangai, benedetto, più e più volte, dal Divino protettore del Sacro Gioco che ha promesso, per il prossimo anno, un ritorno dal sapore di romanzo epico/cavalleresco. Alla prossima settimana, dunque, per una nuova puntata di Hawk-Eye (sempre che Murray non tronfi ancora. In quel caso, probabilmente, lo shock sarebbe talmente grande da indurmi uno spontaneo e perenne stato vegetativo), la rubrica scritta e redatta dal narratore onnisciente me medesimo. Nel nome del padre, del figlio e di Roger Federer, preghiamo. Amen