Dominic Thiem, un assalto a New York

L’US OPEN di Dominic Thiem

di Anna Lamarina

Se avessimo chiesto a Dominic Thiem un paio di anni fa un pronostico su se stesso probabilmente non avrebbe osato pensare di arrivare nel 2014, pochi giorni prima dei suoi 21 anni, agli ottavi in uno Slam.

Noi amanti di tennis però l’avevamo visto, ci era piaciuto, l’avevamo seguito da un po’ di tempo, forse da quel secondo turno a Rotterdam, contro Andy Murray. Ci aveva entusiasmato e avevamo creduto in lui.

Il suo 2014 passa per Madrid dove batte al secondo turno Stan Wawrinka, poi Indian Wells e Miami finché non lo troviamo in finale a Kitzbuhel, che però non porta a casa, contro David Goffin.

Nell’intervista dopo il match vinto contro Ernests Gulbis dice che avrebbe preferito giocare contro chiunque altro ma non contro di lui, suo compagno di allenamenti e amico.

I due si allenano nella stessa accademia con Gunter Bresnik. Il padre di Dominic, infatti, coach professionale, lavorava  presso l’accademia di Gunter, ex allenatore fra gli altri di Boris Becker, e gli ha chiesto dare un’occhiata a suo figlio.

Bresnik ha cominciato ad allenare Dominic ancora ragazzino”Quando ho scambiato per la prima volta con Gunter avevo un rovescio a due mani ed ero un giocatore molto difensivo. Lui ha cambiato tutto, mi ha fatto adottare uno stile di gioco più aggressivo.”

Gli allenamenti con Gulbis, poi, approdato nella sua stessa accademia gli danno una spinta in più, infatti Gulbis, sebbene non troppo costante nel suo rendimento, era già un professionista affermato ad altissimo livello e già n24 del ranking mondiale.

Nel 2011 la prima la finale al Roland Garros juniores e di seguito l’Orange Bowl.

Nel 2013 si mette in luce a Kutzbuhel prima, ottenendo una wild card, e a Vienna dopo.

Il resto è storia, una storia recentissima che si scrive ora, più appagante che mai con i tre turni vinti agli US OPEN contro Lacko in tre set, Gulbis in 5 set e infine Feliciano Lopez, anch’egli in forma strepitosa, ma battuto dall’austriaco per 6-3 6-3 6-2

Il suo gioco convince. Servizio piatto e devastante, gioco classico con buoni fondamentali da fondo ma anche con delle discese a rete.

Nel prossimo turno lo vedremo contro Berdich, e staremo a vedere. In fondo come disse Gianni Clerici, il tennis è “lo sport muto”. Nonostante tutte le parole che ci girano intorno tutto ciò che possiamo fare è guardare e farci trasportare dalla bellezza del gioco dei suoi protagonisti.

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