Malek Jaziri, quando il ritiro non è gettare la spugna

Il caso di Jaziri è solo l'ultimo atto di una discussione che si protrae da anni, lasciando sul piatto ogni sorta di incertezze e veleni

TENNIS – Il mondo del tennis non trova pace: il caso del giorno, che va a sovrapporsi alle prime battute della Fed Cup 2015, è quello che riguarda Malek Jaziri, tennista tunisino attualmente N.65 del ranking, il quale è stato accusato di essersi volontariamente ritirato nel corso del primo turno del torneo ATP250 di Montpellier. La ipotetica causa del suo ritiro, messa in gioco da tanti episodi analoghi precedentemente capitati non solo nel mondo del tennis, sarebbe stata la scelta di non scendere in campo contro l’israeliano Dudi Sela nel secondo turno; la partita con Denis Istomin, testa di serie N.5 del torneo francese, sembrava saldamente in mano al tunisino fino alla fine del primo set, vinto per 6 giochi a 3, anche se i due interventi del fisioterapista avevano già acceso una spia d’allarme.

150205_Dudi_Sela In foto, da sinistra, Dudi Sela e Malek Jaziri

Il ritiro di Jaziri si è poi materializzato poco dopo: nonostante l’evidente deficit fisico, la mente è andata a quel Challenger di Tashkent del 2013, quando il tunisino aveva alzato bandiera bianca prima dell’incontro con l’israeliano di Rehovot Amir Weintraub, attuale N.387 del ranking, scatenando un incredibile tam tam mediatico che vide nell’occhio del ciclone anche la federazione tunisina, squalificata poi dalla Davis Cup del 2014.

Per quanto le circostanze possano far realmente pensare ad una recidività, Jaziri si è comunque difeso nelle ultime ore, portando all’attenzione dei media il problema al gomito destro che lo aveva accompagnato anche nella campagna australiana in quel di Melbourne; tale infortunio sarebbe stato riscontrato perfino da un fisioterapista dell’ATP, confermando anche la mancanza di allenamento nei giorni immediatamente precedenti al primo turno di Montpellier.

n-TENNIS-MALEK-JAZIRI-large570 Jaziri in occasione del ritiro al Challenger di Tashkent 2013

Se nel primo caso, quello di Tashkent, il ritiro sarebbe stato quasi imposto dalla federazione tunisina, l’incertezza intorno a questo nuovo sospetto ritiro è sicuramente maggiore, viste anche le valide argomentazioni portate da Jaziri, eppure i numerosi precedenti lasciano molte domande senza risposta.

Il presidente dell’ITF Francesco Ricci Bitti aveva commentato, riguardo alla prima sanzione comminata alla Tunisia:”Non c’è spazio per il pregiudizio di alcun tipo, che sia nello sport o nella società. L’ITF ha deciso di mandare un segnale forte alla Federazione Tennis della Tunisia, che queste azioni non verranno tollerate da nessun nostro membro.”

Il caso più vicino a quello di Jaziri è quello che ha visto come protagonista la sua connazionale Ons Jabeur, la quale si è ritirata mentre era in vantaggio contro la polacca Magda Linette; la sua avversaria al turno successivo sarebbe stata l’israeliana Shahar Peer. Oltre a questi episodi puramente tennistici, molti altri ce ne sono stati, vista la mancanza di volontà nel ristabilire una connessione tra le due nazioni, anche se principalmente è Israele a mantenere un clima gelido in fatto di relazioni con, ad esempio, la Tunisia, anche se proprio il presidente della federtennis israeliana Assi Tuchmayr si era espresso sulla questione e, in particolare, sulla squalifica alla Tunisia:”Pensiamo che sia stata la decisione più giusta, perché la politica non deve avere spazio nello sport. Ci auguriamo che abbiano imparato la lezione.”

Dovunque c’è condivisione, c’è differenza di vedute, e dove c’è differenza di vedute ci sono automaticamente contrasti, più o meno fondati e, soprattutto, più o meno lecitamente condotti dalle parti in causa. Multicultura significa far abbracciare le varie sfaccettature di date realtà, unirle e regolamentarle per rendere il tutto funzionale e produttivo, sia per un futuro che guardi ad un sano pluralismo che ad un presente che inizi a rappresentare tutti, anche se da punti di partenza differenti. Dove c’è visibilità ci sono interessi, e dove ci sono interessi c’è anche l’avidità e la parte più oscura dell’essere umano; eppure, dove c’è visibilità c’è l’obbligo di fungere da esempio per tutti, soprattutto per chi è immacolato e puro al cospetto di uno sport o di un evento pubblico. Per tutti coloro che si affacciano su un mondo nuovo, che è e dovrebbe essere ancor più di tutto alla stessa misura, non c’è più spazio per un passato fatto di interessate strette di mano e di giochi di potere, perché se si arriva ad inquinare qualcosa come lo sport, che di per sé è nato per dare gioia anziché creare problemi, non c’è davvero più speranza.

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