Vi ricordate i tempi in cui i giocatori giocavano il serve n’ volley senza pensarci due volte? Vi ricordate gli splendidi campi in erba del circuito dei tornei di pochi decenni orsono?
Non ditemi che non siete nostalgici di questi momenti. Il giocatore che entra in campo con la testa bassa, concentrato, in quel momento un tennista, e basta. Una volta il giocatore di tennis, come diremmo oggi top player, non era una star. Nessuno era una macchina da soldi, nessuno andava via con l’ultimo modello del cavallino rampante.
Credetemi, l’unica cosa che è cambiata, da allora, è l’aria.
L’aria che si respira è cambiata da parecchi anni, complici eventi storici, cambiamenti di personalità e soprattutto motivi di business. Il tennis non ha più bisogno di pantaloni e gonne lunghe, di quel ritratto autoritario del tennista austero e rispettoso del filo d’erba e del suo avversario.
Il tennis di oggi ha bisogno di gente che passa otto ore in palestra, di corsa, di un fisico tirato a lucido come la carrozzeria di un tank americano.
Basta vedere nella nostra top-ten, per renderci conto che quasi tutti i giocatori, attualmente, giocano uno sport di logoramento, fatto di ore e ore in campo, vedendo la lotta, la maratona al quinto set come una cosa perfettamente normale. Vediamo questi VIP, perchè questo sono, uscire dal campo felici della vittoria, pensando al massaggio che da lì a poco avrebbero ricevuto, portando la mente alla partita successiva, all’ennesima maratona per arrivare al trofeo. Tra i due momenti: ore e ore di fatica in palestra.
E poi.
E poi esistono le eccezioni.
Ram, Rajeev. Chi è? Tennista americano, nato a Denver da genitori indiani ma subito trasferito nello stato del Winsconsin sempre del continente a stelle e strisce da piccolo.
Lui è un ‘nostalgico’.
Fino a dodici anni non ha mai preso una lezione privata di tennis, giocando però dall’età di quattro con il padre per almeno un’ora e mezzo al giorno.
E’ uno di quei giocatori nati veramente con l’amore per il tennis. Come ha detto Federer in una recente intervista, per Ram, sono convinto, il tennis non è un lavoro, ma è l’hobby che gli permette di essere felice. Ma andiamo con ordine.
Nato il 18 marzo del 1984, Ram è un ragazzo diverso dagli altri. Al ragazzo piace studiare e avere risultati al di fuori del mondo del tennis. Finisce la scuola superiore con buoni voti e, tentando l’approdo tra il circuito professionista di tennis, fa marcia indietro e si iscrive all’università per continuare in contemporanea sia gli studi, sia il suo sogno di diventare un vero tennista.
Nel 2003 frequentavo il college e nel giro di un anno ero già diventato professionista“, ha spiegato Ram in un’intervista. “Mi sono reso conto solo dopo che cerano un sacco di spese da affrontare. Non tanto lalloggio, i viaggi o il cibo, quanto il supporto personale di un allenatore e di un fisioterapista”; si scopre che Ram non è il tennista simbolo di questa generazione. Nessuna giacca e cravatta, nessun jet privato, nessun cavallino rampante sotto le cosce. E’ stato un ragazzo che ha basato l’inizio della carriera sui viaggi low-cost, sul far quadrare i conti, e per lui la motivazione per far bene nell’ennesimo Challenger era anche tirare una linea verde e non rossa infondo al bilancio mensile.
Nel 2002 arriva in finale nel doppio juniores a Wimbledon, in coppia con Brian Baker. Quella vittoria fu solo un assaggio di quello che sarebbe successo nella carriera da doppista di Ram da professionista, visto che ha raggiunto almeno i quarti di finale in tutti e quattro gli slam e il numero 30 nella classifica del doppio. Decisamente non male per un tennista nato dal nulla.
Parlando sempre dell’essere nostalgici, il suo tennis è di quelli che fanno davvero luccicare gli occhi agli appassionati. Tanti tagli, sempre diversi, che fanno impazzire gli avversari, serve n’ volley come se piovesse, il tutto condito sulle ultime location, con quell’erba verde che tanto ricorda gli anni ormai andati perduti.
All’età di 31 anni Ram ha vinto il suo secondo torneo ATP, sempre, incredibilmente a Newport, scrivendo anche diversi record, non solo nel suo Palmarés, ma anche nella storia del tennis.
Primo giocatore nella storia del torneo ad aver battuto nello stesso torneo le prime due teste di serie, entrambe grandi cecchini al servizio, come Isner e Karlovic. Ma non è finita qui. Ha vinto sei tie-break su sette nel torneo, perdendo il primo contro Isner e salvando sia con lui, sia con Mannarino diversi match-point.
A 31 anni, quando si intravede il tramonto nelle proprie capacità sportive, è bello vedere che si può sempre alzare una coppa al cielo, soprattutto se di queste coppe ne hai alzata solo un’altra. Ram se ne andrà, tra qualche anno, nello stesso modo in cui è arrivato. In punta di piedi, chiedendo permesso e sorridendo ad un mondo in cui, purtroppo, se non hai quella maledetta Ferrari, non sei nessuno. Ram tornerà a casa e quando appenderà la racchetta al chiodo, si dedicherà ad aiutare i bambini a scovare e a sfruttare per davvero il loro potenziale. Una missione forse più impegnativa dell’essere un semplice tennista su un volo charter ad inizio 2003.
Abbiamo davanti agli occhi un giocatore che, alla fine, è bravo solamente ad attaccare. Difesa non eccelsa, fisico da non tennista, movimenti legnosi. Ma ha cuore. Attacca, sempre e comunque, serve, scatta a rete. Davvero. E’ uno dei pochi che, l’erba di Wimbledon, la consuma anche nei pressi della rete. Ci mancherà questo ragazzo. Un ragazzo silenzioso ma che, a suo modo, un’impronta indelebile nel tennis l’ha lasciata eccome, tirando la linea verde nel bilancio, non solo guadagnando più di due milioni di dollari in montepremi, ma anche uscendone come persona più ricca nell’anima e con il bilancio dello spirito in gran attivo.
Ci sarà il giorno che Ram tornerà a casa e saluterà l’ATP. Ma fortunatamente, non pare essere oggi quel che sarà un maledetto giorno per il tennis old school.