Special Kei, il cigno di Matsue

Un paio di decadi fa l’Italia del calcio fu fatalmente sedotta da un fuoriclasse olandese, tanto virtuoso quanto avversato dalla sorte, le cui indelebili gesta si interruppero troppo prematuramente, a causa di un interminabile calvario infortunistico: il suo nome era Marco Van Basten.

In breve tempo Marco si guadagnò il soprannome di “cigno di Utrecht”, per via di quell’alienante eleganza, compostezza e grazia che lo faceva apparire come un corpo estraneo in mezzo a tutta la brutale ruvidezza del micro cosmo calcistico. Del cigno però Van Basten aveva anche quella fragilità che rendeva ogni sua gemma ancor più preziosa, dato il senso di incrollabile precarietà che lo ammantava.

Talento, garbo e vulnerabilità sono anche i principali segni distintivi di uno dei tennisti meno prevedibili del circuito. Colui che, in virtù delle rimarchevoli affinità elettive col centravanti olandese, potremmo ribattezzare “il cigno di Matsue”: all’anagrafe Kei Nishikori.

Flushing, NY, US Open Tennis, Kei Nishikori

Ciò che rende il nipponico così imprevedibile non va ricercato nella discontinuità di risultati o nell’umoralità che inficia il percorso di molti suoi colleghi. Lo stakanovismo negli allenamenti e la costanza con cui raggiunge le fasi finali dei tornei ai quali partecipa ne testimoniano l’impegno e la dedizione.

Il travaglio di Kei va ricercato in quella friabilità muscolare che ne smorza, quasi sempre nei momenti meno opportuni, le legittime ambizioni tennistiche. Facendo un breve riepilogo degli infortuni occorsi al giapponese negli ultimi due anni, ci imbattiamo nel più vasto assortimento di lesioni che l’ortopedia moderna ricordi.

Nel corso di questa annata il muscolo più martoriato è stato il polpaccio. Già ad Halle, nel corso dell’ultimo torneo di preparazione ai Championships, Nishikori e’ stato costretto al ritiro, nel corso della semifinale con Seppi, a causa di un fastidio al polpaccio sinistro. Fastidio ingigantitosi pochi giorni dopo, tanto da costringerlo a disertare il secondo turno a Wimbledon.

Nel 2014 Kei è riuscito a dare il meglio di se,procurandosi ogni tipo di infortunio possibile: a fine Marzo non scese in campo nella semifinale di Miami, dove ad attenderlo c’era Novak Djokovic, a causa di un problema inguinale. Due mesi più tardi, nel corso della finale del Master di Madrid, fu costretto al ritiro a causa di un lancinante mal di schiena, dopo aver torturato per più di un’ora un Nadal letteralmente annichilito.

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A suggellare degnamente il trittico della sfiga mancava solo il più classico dei traumi tennistici, quello al piede, puntualmente comparso alla vigilia del Master di Montreal. Percorrendo a ritroso la cartella clinica del giapponese potremmo andare avanti all’infinito, fino al soffocamento sfiorato nel corso della prima poppata materna.
Ora più che mai Nishikori necessiterebbe di un periodo di ferie dalla malasorte, data la crucialità degli impegni che lo attendono.

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Kei si è appena aggiudicato il 500 di Washington, destando sensazioni contradditorie. Per lunga parte del torneo è parso di vedere lo scintillante furetto dei tempi migliori. Aggressività, dinamismo ed incisività hanno connotato gran parte del suo cammino nella capitale statunitense. In semifinale con Cilic però, dopo aver perso il primo set, Nishikori ha chiesto l’intervento del fisioterapista, per un medical time out che, a posteriori, è parso più precauzionale che dettato da un ingente problema fisico.

Sia contro il croato che contro Isner, suo avversario in finale, Kei ha esibito sprazzi del suo fulgore agonistico, alternati ad inusuali momenti di pausa, consentendo agli avversari di aggiudicarsi, in entrambi i casi, i set d’apertura.
Grazie a questo successo, il secondo del 2015 dopo quello ottenuto sul rosso di Barcellona, Kei riconquista la quarta posizione in classifica, sopravanzando il campione del Roland Garros Stan Wawrinka. Questo sorpasso ai danni dello svizzero potrebbe proiettarlo, in uno scenario ancora fanta-tennistico, ad una semifinale degli U.S Open contro Nole Djokovic, ipotetica rivincita del penultimo atto dell’edizione 2014 del Major americano.

Allora Nishikori ebbe la meglio su una sbiadita versione del numero 1 del mondo, guadagnandosi la prima finale in un torneo del Grande Slam. Il nipponico però non sfruttò l’irripetibile occasione di giocarsi la partita più importante della vita contro un giocatore inferiore e peggio classificato. Il trascendentale stato di grazia di Cilic, sommato alla paralisi emotiva palesata da Nishikori, fecero scaturire la più sbalorditiva affermazione del ventunesimo secolo tennistico.

Cilic of Croatia and Nishikori of Japan hold their trophies after Cilic won their men's singles final match at the 2014 U.S. Open tennis tournament in New York

Qualora le vessazioni corporee dovessero concedere un po’ di tregua al giapponese, siamo certi che un exploit del genere sia tutt’altro che irripetibile. Il cemento è la sua superficie preferita, specie quello americano, sul quale Kei ha principiato la propria formazione tennistica, agli ordini di Nick Bollettieri.
Ora non resta che confidare nella benevolenza del fato, augurando al cigno di Matsue di giungere incolume a New York, in modo da regalarci altri fuggevoli frammenti di classe.

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