Viktor nasce a Belgrado il 10 Febbraio del 1986. Il padre, Aleksandr, è un avvocato di origini russe, la madre, Mila, un’economista serba. Il passaporto serbo è certamente un peso da portare per qualunque tennis che non risponda al nome di Novak Djokovic, destinato eternamente a giocare il ruolo di secondo, terzo, talora quarto violino. Viktor è un gran violino, uno di quelli capaci di produrre sinfonie spettacolari, un profilo estroso, un talento fatto di potenza ed esplosività. Il ragazzotto serbo, quando non è rapito da uno dei suoi frequenti scatti d’ira, che gli attribuiscono le sembianze di un omaccione dei Balcani troppo avvezzo all’alcool, sfoggia un volto sorridente, un atteggiamento confidenziale e divertente; un metro e novante circa, spalle larghe e capelli corti, gli occhiali da sole sportivi che lo contraddistinguono, si muove bene in campo, ed è in grado di sprigionare subitanea potenza da ogni angolo del campo, un giocatore moderno a tutti gli effetti.
E’ una carriera strana la sua, fatta di meteoriche apparizioni e misteriose sparizioni, impeti d’ira e siparietti divertenti, sorrisi e sguardi truci. Viktor, dopo aver corso dietro ad un pallone guardando in TV i campioni del Partizan Belgrado, prende in mano la prima racchetta all’età di cinque anni, muovendo i primi passi nel tennis,agli albori dell’epoca Sampras, sotto l’ala protettrice del connazionale Nenad Trifunovic. Il piccolo Viktor cresce sognando Agassi, idolo del giovane serbo come di migliaia di ragazzini che vedono nello yankee lo shining della folle ribellione anticonformista, e a 13 anni prova a seguirne le orme, recandosi in Floria, nella stessa terra dove pochi anni prima lo stesso Agassi si era, controvoglia, sottoposto alla cura Bollettieri; per due anni Viktor affina le sue armi in quel di Boca Raton, preparando lo sbarco nel mondo dei pro. Il primo vero contatto col circuito maggiore avviene nel 2007, col serbo che si cimenta nei primi tornei Challenger, districandosi nel folto sottobosco delle qualificazioni e dei tornei minori, con un primo acuto degno di nota da segnalare nella semifinale del torneo ATP di Umago. Due anni dopo, nel 2009, Viktor ha oramai raggiunto la maturità tennistica, e si guadagna a suon di randellate di dritto e servizi vincenti un suo posto nel circuito dei pro, agguantando la ventiquattresima posizione del ranking ATP.
Nel 2010 la consacrazione: Viktor diventa profeta in patria, accompagnando con la pesantezza dei suoi colpi la cavalcata gloriosa della nazionale serba verso il trionfo in Coppa Davis, regalando all’armata serba il punto decisivo, sconfiggendo il francese dal guanto bianco Llodra. Arriva poi il primo titolo, nell’ATP 250 di Mosca. Nel 2011 Troicki sembra destinato a raggiungere l’acume del climax ascendente avviato l’anno precedente: il serbo si spinge fino al quarto turno degli Open di Francia (miglior risultato in uno slam per lui), e raggiunge il suo best ranking al 12esimo posto della classifica mondiale. Il serbo sembra avere tutte le carte in regola per potersi togliere qualche soddisfazione, ma il destino non sembra essere del medesimo avviso; nel 2013 il fulmine a ciel sereno: Troicki subisce una squalifica di 18 mesi, scontata poi a 12, per non essersi sottoposto ad un controllo di rito durante il master 1000 di Montecarlo. La vicenda è misteriosa, Troicki accusa la dottoressa Elena Gorodilova, sostenendo che ella stessa gli avesse suggerito di posticipare di un giorno i controlli, avendo notato il non perfetto stato di salute del serbo, affermando che gli sarebbe stato sufficiente scrivere una lettera di spiegazioni all’ITF; Viktor non ci sta, si dichiara innocente, e sono in molti a credergli, ma non l’ITF: il regolamento va applicato, e la squalifica è confermata. Viktor, l’eroe serbo della finale di Coppa Davis 2010 diventa l’eroe nero, condannato, come Atlante, a recare sulle spalle il peso di una squalifica che è convinto di non meritare. Il ragazzotto di Belgrado si piega, ma non si spezza, continua ad allenarsi duramente, preparando il rientro. Riparte da lontano, lontano dai riflettori, lontano dal cuore di molti tifosi, lontano dalle vette della classifica, ma risale la china, a piccoli passi: ottiene una wild card per il torneo di Gstaad, e si issa sino ai quarti di finale, sconfiggendo Thiem al primo turno e arrendendosi solo sotto le chele mancine di Verdasco; ottiene poi la semifinale a Vienna, perdendo solo da Murray, e chiude l’anno a pochi passi dalla Top 100, assestandosi al numero 102 della classifica. Inizia il 2015 con la vittoria a Sideny, secondo titolo della sua tormentata carriera, sconfiggendo nella prima finale fra qualificati della storia il kazako Kukusckin, per poi bissare il successo l’anno successivo, avendo questa volta la meglio nell’atto finale sul talento di Grigor Dimitrov. In mezzo la finale di Stoccarda, persa lottando sull’erba tedesca contro un certo Rafael Nadal.
Alle 12 odierne circaTroicki, dopo aver sconfitto nel suo match di terzo turno il gigante John Isner, si giocherà l’accesso alla semifinale del master 1000 di Shangai, nell’incontro che lo vedrà opposto ad un altro gigante, la torre di Tandil Juan Martin Del Potro. Viktor si è lasciato alle spalle il passato, ha superato l’onta di una squalifica che non riteneva di aver meritato, ed è tornato, più agguerrito di prima.
Oggi, 31 anni, Viktor ha ancora voglia di combattere, agitando quei guantoni che si è sempre rifiutato di togliere, nascondendo il fuoco che gli arde dentro dietro a quel sorriso bonario e quell’aria da ragazzotto un po’ troppo cresciuto.