Dopo quasi un’ora e quaranta minuti di battaglia, Andy Murray riesce a spuntarla contro Kei Nishikori e approda alla finale di Madrid, dove dovrà affrontare il mostro sacro della terra rossa, Rafael Nadal. Negli scontri diretti su terra rossa è, ovviamente, in netto svantaggio, ma la forma precaria del maiorchino in questo inizio di stagione gli permette di sperare nell’impresa.
L’inizio da parte del britannico è arrembante, costringendo subito il suo avversario a ricorrere ai vantaggi prima di potersi aggiudicare il primo game dell’incontro. Due game dopo lo scozzese fa meglio, conquistando l’opportunità di brekkare subito il suo avversario. Per sua sfortuna, però, non mette a segno il punto decisivo e il nipponico recupera, vincendo ancora una volta il gioco. I game di servizio di Murray scivolano via veloci, senza che ci siano particolari sussulti.
Ciò accade almeno fino al sesto gioco, dove anche il tennista giapponese ha la sua chance di passare avanti nel risultato. Similmente a quanto fatto precedentemente da Murray, l’occasione non viene sfruttata e si continua on-serve. Il game successivo è quello che cambia totalmente l’inerzia dell’incontro: in appena sei punti Murray ottiene il break, confermandolo egregiamente nel suo turno di servizio successivo. Come se non bastasse, si procura altre due occasioni per brekkare e vincere il primo set, la seconda delle quali viene sfruttata a dovere.
Il secondo set parte in maniera più equilibrata del primo e, stavolta, il primo a trovare il break è Nishikori, complice anche un eccessivo rilassamento mentale dell’inglese. Questo passaggio a vuoto è circoscritto a quel game, e in men che non si dica, nel gioco successivo ristabilisce la parità, contro brekkando dunque il nipponico. Il servizio non è di grande aiuto per quest’ultimo, mettendo a segno delle misere percentuali, che permettono a Murray di avere spesso in mano il pallino del gioco.
L’ottavo gioco lo dimostra, con lo scozzese che però non sfrutta la settima palla break dell’incontro per portarsi a servire per il match. Poco male: dopo aver mantenuto il suo servizio a zero, conquista un’ulteriore possibilità di break nel gioco seguente, che questa volta vale a dire match point. Stavolta non se la lascia sfuggire e conquista il match, nonostante un misero 50% di palle break realizzate.
Di Simone Marasi