Che gli Australian Open fossero, tra tutti e quattro gli Slam della stagione, quello più soggetto a sorprese, per la posizione nel calendario e la necessità dei primi della classe di entrare nel pieno della forma, era già opinione comune. Ma che durante la prima settimana, solitamente utile ai più forti del mondo per rodare i colpi e prepararsi alle vere battaglie, potessero uscire di scena entrambi i favoriti, numeri 1 e 2 del ranking e sicuri finalisti alla vigilia, era francamente impensabile. I primi sette giorni di routine del Major australiano, infatti, dovevano essere la semplice conferma delle gerarchie, ormai stabili, del circuito maschile, e invece gli appassionati e gli addetti ai lavori hanno assistito a quella che è probabilmente la più grande sorpresa degli ultimi anni, l’eliminazione, rispettivamente al secondo e terzo turno, di Novak Djokovic ed Andy Murray, per mano di avversari che, in condizioni normali, sarebbero stati una pura formalità. Di contro, sembrano non voler più tramontare gli altri due componenti dei Fab Four, le due “leggende” che avevano lasciato spazio ai più giovani, che erano ormai dati per spacciati: stiamo parlando, ovviamente, di Roger Federer e Rafael Nadal, che sorprendentemente sono sopravvissuti a questa prima settimana con autorità, nonostante il lungo periodo di assenza dai campi, e sono ancora ampiamente in corsa per il titolo. Dalla delusione di Zverev alla grande chance di Dimitrov, fino alla cavalcata di Seppi, la solidità di Wawrinka e i sogni di Istomin e lo Zverev anziano, riviviamo allora i momenti salienti degli Australian Open, con lo sguardo rivolto ai prossimi giorni, che si preannunciano ricchi di interesse.
LA CRISI DI NOLE, LA GIOIA DI ISTOMIN- Appena due settimana fa eravamo qui a registrare il suo successo a Doha contro il grande rivale Murray, che doveva sancire il suo ritorno a grandi livelli e doveva aprire la strada ad un’altra cavalcata trionfale a Melbourne, suo feudo negli ultimi sei anni, dove solo Stan Wawrinka era riuscito a dargli del filo da torcere e a batterlo. Evidentemente, però, non avevamo fatto i conti con il periodo di crisi nera di Novak Djokovic, che, possiamo dire con il senno di poi, è ben lontano dal volgere al termine. Ci sarebbero tante parole da spendere sulla sconcertante prestazione del serbo, sulla sua inconsistenza da fondo campo, sul suo atteggiamento incomprensibile, la mancanza della usuale cattiveria agonistica e della voglia di dare tutto sul campo, ma basterebbero, per descrivere l’ “avventura” di Nole sulla Rod Laver Arena, le dichiarazioni altrettanto incredule del suo ex coach, Boris Becker, attonito di fronte alla televisione: “Non avrei mai immaginato che avrebbe avuto problemi contro Denis”. Il tedesco, insomma, non credeva ai propri occhi, e risulta forse più chiaro, adesso, come il rapporto tra i due non potesse più continuare: è difficile, infatti, allenare chi non considera più il tennis una priorità. Ciò che più di tutto il resto è sorprendente non è tanto la serie di sconfitte inimmaginabili fino a qualche mese fa, né un comprensibile calo dopo aver ottenuto il tanto agognato Roland Garros, bensì la sensazione di totale assenza dal campo, di mancanza di motivazione che Novak infonde continuamente: una volta, guardandolo, si aveva la certezza che da un momento all’altro avrebbe cambiato marcia, che avrebbe potuto ribaltare ogni situazione, anche la più disperata, e puntualmente non si smentiva, vincendo titoli su titoli; adesso, pare sempre che possa crollare da un momento all’altro, che la sua solidità si sia sgretolata. Sono state tante le dichiarazioni, le parole spese su Djokovic, sulle sue possibilità di riprendersi, sul suo futuro. L’unica cosa che riesco a dire, invece, è che non ho la più pallida idea di quali siano le sue intenzioni, di cosa possa accadergli; il più grande problema, però, è che probabilmente non è chiaro nemmeno a lui.
Detto della caduta del primo gigante, sarebbe tuttavia ingiusto non sottolineare i grandi meriti di chi ha firmato questa grande sorpresa, ottenendo senza dubbio il risultato più straordinario della sua carriera: Denis Istomin. L’uzbeko non è certo il primo arrivato sul circuito, ma non stava attraversando un bel momento, come testimonia la sua classifica di numero 117 del mondo. Contro il serbo aveva perso tutti e cinque gli scontri diretti, di cui uno proprio qui a Melbourne nel 2014, senza mai avere avuto la possibilità neanche di avvicinarsi alla vittoria. Durante il suo incontro di secondo turno, però, ha messo in mostra una costanza e un livello di gioco davvero encomiabili, approfittando delle gigantesche lacune del più blasonato rivale e rimanendo attaccato al match anche quando sembrava ormai finito, mentre un altro, magari, avrebbe mollato. Insomma, sono innegabili i demeriti di Djokovic, che, come è già stato più e più volte scritto, non perdeva da un tennista fuori dai primi 100 da tempi immemori, e non usciva al secondo turno in uno Slam dal 2008, ma Istomin ha dimostrato di sapere sfruttare la propria possibilità, confermando poi le ottime sensazioni con il trionfo al terzo turno su Carreno Busta, nuovamente al quinto set.
LO CHOC DI MURRAY, IL RISCATTO DI ZVEREV- Superato il tonfo di Djokovic, sembrava che la prima settimana dovesse scivolare via tranquillamente, con i top players vittoriosi senza troppi problemi. E invece questa mattina, come un fulmine a ciel sereno, è arrivato un altro choc, probabilmente ancora più incredibile proprio poiché inaspettato: si tratta dell’eliminazione dell’uomo del momento, del grande favorito, il numero 1 del mondo Andy Murray. Certamente era già apparso chiaro dalle prime apparizioni in questo 2017 come lo scozzese non avesse ancora raggiunto il top della forma, ma in molti si aspettavano che il campione delle ATP Finals avrebbe alzato il livello con il passare degli incontri, come aveva di recente imparato a fare. Il suo avversario aveva sorpreso un po’ tutti per l’ottimo tennis messo in mostra, e per la grande vittoria su John Isner al secondo round dopo una lunga ed estenuante battaglia; ma che il serve and volley anacronistico di Misha Zverev, il fratello maggiore del più giovane Alexander, destinato a passare in secondo piano rispetto al talento di “Sasha”, potesse avere la meglio sulla solidità e la corazza indistruttibile di Murray, nessuno avrebbe potuto mai neanche pensarlo. L’aggressività, la brillantezza, le volée precise e la straordinaria capacità di coprire la rete anche di fronte ad uno dei più abili tennisti nel passante, alla fine, hanno premiato il tedesco, incredulo proprio come Istomin al termine della sfida.
Mentre, nonostante il recente successo a Doha avesse dissipato qualche dubbio, ancora vi erano non poche incognite sulla condizione di Djokovic, lo stato di forma di Andy Murray costituiva per tutti una certezza, tanto che sembrava difficile conquistare il titolo senza passare prima per una sfida contro di lui. Questa battuta d’arresto, invece, getta a sua volta diverse ombre sul numero 1 del mondo, che aveva, dopo la sconfitta del grande rivale Nole, una ghiotta occasione per consolidare ulteriormente il proprio vantaggio. Sebbene il suo primato non sia affatto in pericolo dal punto di vista del ranking, sorge però spontanea una domanda: Andy, dopo essersi finalmente tolto di dosso l’ingombrante etichetta di eterno secondo, riuscirà a reggere l’inevitabile pressione di essere costantemente l’uomo da battere, che solo i più grandi sanno sopportare? Commentatori ben più autorevoli di me, infatti, hanno più volte sottolineato come la più grande impresa non sia giungere alla vetta, ma riuscire a rimanerci; per questo impressionano le innumerevoli settimane passate in cima da Federer, Connors, Lendl, ma anche lo stesso Djokovic, che ha perso la leadership dopo più di due anni. Murray questa capacità ancora deve dimostrarla, e, se non lo ha danneggiato, quantomeno non ha giovato alla sua prestazione in Australia. Come per Istomin, però, non bisogna concentrarsi troppo sullo sconfitto, ma elogiare piuttosto chi ha compiuto l’impresa: il serve and volley di Zverev, infatti, è sublime, e la sua voglia di riscatto davvero ammirevole. Chissà che i grandi progressi del fratello, di gran lunga una delle più grandi promesse per i prossimi anni, non abbia acceso in lui una sana rivalità, che lo ha portato a superarsi e a raggiungere all’età di ventinove anni la vetta più alta della sua carriera.
LA GRANDE CHANCE DI DIMITROV- Inevitabilmente, i tonfi dei più forti hanno aperto scenari interessanti, dando possibilità importanti a tennisti di “seconda fascia”. La più ghiotta di tutte, però, è sicuramente quella di Grigor Dimitrov, considerato alla vigilia semplicemente come potenziale avversario di Djokovic agli ottavi, e che si trova di fronte, invece, Denis Istomin. Con tutto il rispetto per l’uzbeko e il suo ottimo stato di forma, è difficile immaginare una situazione migliore per il bulgaro, che aveva la strada sbarrata dall’ingombrante serbo, e può ora prendersi un importante quarto di finale in uno Slam, che gli manca da troppo tempo. Senza volere infierire ulteriormente, basterebbe ricordare le innumerevoli sconfitte subite negli ultimi anni nei momenti decisivi della stagione per ribadire come Grigor, in rampa di lancio fino ad un paio di stagioni fa come brillante promessa, abbia in realtà deluso ogni aspettativa: il “nuovo” Federer si era rivelato un fuoco di paglia. Le prime settimane di questo nuovissimi 2017, però, hanno portato qualche cambiamento interessante, e nuove prospettive per lui: l’anno è iniziato infatti con il primo titolo da due anni a questa parte, a Brisbane, e a Melborune Dimitrov ha continuato a ben impressionare sconfiggendo anche Richard Gasquet, con una prestazione decisamente positiva. Con l’eliminazione di Djokovic, pare proprio che il destino gli abbia apparecchiato la possibilità di smentire i detrattori, e di emergere finalmente in un evento importante: l’augurio che gli facciamo, allora, è di liberarsi dei demoni che da troppo tempo lo tormentano, e dimostrare di non essere solo un buon tennista dalle scarsa personalità, ma un grande giocatore.
L’avversario del vincitore della sfida tra Dimitrov e Istomin uscirà da quella, altrettanto interessante, tra Dominic Thiem e David Goffin, remake dei quarti di finale dello scorso Roland Garros. I due sono forse passati un po’ inosservati durante la settimana, messi in ombra dalle sconfitte di Djokovic e Murray e dai successi di Federer e Nadal; ma anche per loro l’eliminazione di Nole apre una strada importante. L’austriaco non sta attraversando un bel momento di forma, dopo gli exploit della prima parte di 2016, e in questa stagione ha già collezionato due sconfitte pesanti a Brisbane e Sydney, rispettivamente con Raonic e Evans; il belga, invece, ha ben impressionato alla Hopman Cup ma ha deluso a Doha. Lo scontro diretto tra i due, però, si preannuncia molto lottato, e chi la spunterà sarà probabilmente favorito contro Dimitrov o Istomin, e potrebbe così raggiungere una semifinale importante. Questo ottavo, insomma, potrebbe riservare sorprese.
IL RUGGITO DI ROGER E RAFA- E veniamo ora, invece, agli altri due Fab Four, che stanno vivendo una situazione completamente opposta a quella degli altri due rivali. Roger Federer e Rafael Nadal, le due leggende che hanno infiammato gli appassionati negli ultimi dieci/quindici anni, sembravano ormai spacciati al termine della scorsa stagione, martoriati entrambi da infortuni e costretti a stare a lungo lontano dai campi, dalle competizioni. I due erano rientrati nel circuito proprio nella prima settimana del 2017, e in questi Australian Open, a modo loro, stanno dando una prova impressionante del loro talento, e della loro voglia di sconfiggere il tempo e tornare a grandi livelli. Le loro cavalcate, però, sono fin qui nettamente diverse. Lo spagnolo, infatti, nei primi turni ha offerto ottime prove, sbarazzandosi senza difficoltà alcuna di due veterani, Florian Mayer e Marcos Baghdatis; la vera sfida chiave, in cui ha dimostrato di poter ancora dire la sua è stato il terzo turno, in cui è sopravvissuto al complicato test contro lo Zverev giovane, già sconfitto la scorsa stagione a Indian Wells, ma a fatica, solo dopo aver annullato un match point. Rafa ha messo in mostra tutta la sua forza di volontà, il suo cuore e la sua solidità mentale, rimanendo attaccato al match anche in svantaggio per due set a uno, e emergendo alla distanza anche sul piano fisico, grande lacuna del giovane tedesco. Il suo livello di gioco, però, è ancora decisamente distante da quello dei giorni migliori: il dritto non fa male quanto prima, spesso tira troppo corto e la sensazione è che manchi ancora qualcosa per le sfide decisive contro i più forti. Agli ottavi di finale, il suo avversario sarà Gael Monfils, che Nadal ha superato nell’ultimo scontro diretto nella finale di Monte Carlo, ma che sta impressionando dalla scorsa stagione per una continuità mai vista da parte sua. Nonostante l’iberico sia nettamente favorito, dovrà guardarsi dal transalpino, se davvero vuole spingersi fino alle fasi decisive del torneo.
Il percorso di Federer, invece, è stato finora speculare. La versione dello svizzero dei primi turni, infatti, è stata tutt’altro che strabiliante, e contro Jurgen Melzer, con cui ha perso anche un set, e l’americano Rubin, con cui ha avuto bisogno di un tie-break, la sensazione era che fosse distante dal livello dei migliori e che difficilmente avrebbe potuto confermare la semifinale dello scorso anno. Dal terzo turno in poi, però, il suo torneo ha subito una svolta clamorosa, grazie ad una serie di prestazioni impressionanti. Contro Berdych, è apparso un Roger brillante come non lo si vedeva da molto tempo, aggressivo, preciso e reattivo, e il ceco nulla ha potuto, dovendosi arrendere dopo appena un’ora e mezzo senza averci capito nulla; contro Nishikori, invece, Federer ha dato una prova se possibile ancora più convincente. Pur non avendo replicato, forse, il livello così alto di due giorni fa, con rovesci, demivolée perfette e un servizio impeccabile, l’elvetico ha dimostrato di essere pronto anche a livello mentale e fisico, rimanendo attaccato alla sfida e reggendo senza problemi il ritmo del giapponese per cinque set: sul finire dell’incontro, sembrava addirittura il giocatore più fresco. Ora ai quarti Roger ha la strada spianata, con tutto il rispetto, ribadiamo ancora, per Misha Zverev, che difficilmente potrà bissare l’impresa realizzata contro Murray, anche per la capacità dello svizzero di neutralizzare il serve and volley con un tennis altrettanto aggressivo. Mentre Rafa deve ancora dimostrare di avere raggiunto un livello necessario per vincere, insomma, Federer sembra pronto per dare del filo da torcere ai propri rivali, e si apre per lui un’altra chance, inimmaginabile fino a una settimana fa, di dire la sua in un Major.
LA COSTANZA DI WAWRINKA, L’IMPEGNO DI SEPPI, LA SCONFITTA DI FOGNINI- Tra i match di ottavi di finale, uno di quelli che offriva maggiormente motivi i interesse, se non altro per noi tifosi azzurri, era senza dubbio l’incontro tra Andreas Seppi e Stan Wawrinka, che si è rivelato tutt’altro che scontato. L’altoatesino era, alla vigilia, lontanissimo dalla forma dei giorni migliori, in preda a molti dubbi e alle difficoltà inevitabili dopo alcuni infortuni; qui a Melbourne, però, ha dato l’ennesima, convincente prova del perché sia stato il numero 18 del mondo, e a lungo il leader del movimento tennistico azzurro: Andreas, infatti, con tutta la sua forza di volontà si è preso una rivincita dal sapore dolcissimo, contro chi gli aveva inflitto, due anni fa, una sconfitta dolorosissima, ovvero Nick Kyrgios. Come tutti ricorderanno, l’australiano nel 2015 aveva rimontato all’italiano due set di svantaggio, annullando un match point e trionfando alla distanza, dopo cinque lottati set. Quest’anno, il copione si è ripetuto, ma a parti invertite: Seppi ha infatti recuperato ben due parziali, impresa che sembrava impossibile, scampando a sua volta ad una palla match con grande autorità nel quinto e imponendosi con il punteggio di 9-7 nella frazione decisiva. Come è solito fare, ha poi confermato l’impresa sconfiggendo Steve Darcis al terzo turno, e dare non poco filo da torcere, quest’oggi, a Wawrinka, costretto a ricorrere a tre tie-break e a tirarsi fuori a situazioni complicate per avere la meglio. Probabilmente, come lui stesso ha detto, il meglio per Andreas è passato, ma siamo fiduciosi che la sua dedizione e la sua serietà lo aiuteranno a togliersi ancora qualche bella soddisfazione.
Per quanto riguarda “Stan the man”, invece, c’è da sottolineare come stia vivendo un ottimo torneo, senza le punte a cui ci ha abituato negli ultimi anni, ma con una costanza inedita per lui e una solidità tutt’altro che scontata. Con l’eliminazione di Djokovic e Murray, e gli inevitabili dubbi che Federer e Nadal devono ancora superare, è forse lui il grande favorito per la vittoria finale, ricordando il trionfo di tre anni fa e il recente successo agli US Open: nei quarti dovrà prima superare Tsonga, che a sua volta sta ben impressionando a Melbourne, e tutto sarà pronto, poi, per un’eventuale semifinale con l’amico Federer, che prometterebbe scintille.
Infine, chiudiamo con un commento sul torneo di Fabio Fognini, cui, questa volta, vogliamo fare i complimenti: sarebbe facile, infatti, parlare dell’ennesima sconfitta deludente, della chance sprecata contro Paire, che ha avuto la meglio solo al quinto parziale. La verità, però, è che dovremmo smetterla di prendere troppo da lui, e accettarlo per quello che è, un ottimo tennista dal grande talento, ma non un campione: a Melbourne ha superato con autorità Feliciano Lopez, e forse avrebbe potuto fare di più contro il francese. Il tennis, però, è imprevedibile, e alla fine, nella sfida tra folli, ha vinto il più pazzo. Un bravo a Fabio, però, è doveroso.