Diario degli Us Open: giorno 4

Tra Federer e Nadal e sfida serrata a chi gioca peggio. Dolgopolov e l'inesistenza di Berdych. Radwanska è l'unica che può salvare il circuito. Tutto il meglio, ed il peggio, della quarta giornata all'Open degli Stati Uniti

-Federer, demiurgo in crisi d’identità colpito con forza da un infortunio del quale si conosce poco o niente, è costretto ad altri cinque set di fatiche ospedaliere contro Michail Youzhny, giocatore famoso ai più per essersi reso protagonista della scenetta tragicomica nella quale, dopo un facile colpo sbagliato in un match del 2008, si percosse la testa con la racchetta, utilizzando una violenza tale da far sgorgare, sopra gli occhi, simpatici rivoli di sangue. Che personaggio. Il russo è un buon tennista, semifinalista in questo torneo per due anni, 2006 e 2010, ma se dal 2012 non batte un top ten un motivo ci sarà. L’impressione, guardando i primi due set dell’incontro, è che lo svizzero sia troppo superiore per poter anche solo essere infastidito dalla presenza dell’avversario. Gioca sottoritmo gli scambi da fondo, mostrando sovente un’atipica lentezza negli appoggi, ma fino al 5-4 e servizio del secondo parziale, la tattica conservatrice di Federer pareva funzionare alla grande. Poi il dramma. Errori su errori, scelte tattiche scellerate. Per un istante, quando il servizio ha iniziato il progressivo rallentamento, ho temuto il peggio. Invece nulla, dopo qualche game ritorno alla normalità e logica rimonta. Il dolore patito dal russo agli arti inferiori ha influito, senza dubbio, ma la sensazione è quella che, anche con Youzhny al meglio, il risultato non sarebbe cambiato. Più di qualche incognita emerge da questa sfida. Lopez sarà già un test più attendibile.

-Nadal impiega un’ora, minuto più minuto meno, per accendersi e spazzare via le asiatiche resistenze di Taro Daniel, capace di vincere il primo parziale alternando accelerazioni degne di nota a delicati tocchi smorzati. Il maiorchino gioca male, o, per meglio dire, gioca scarico. Nonostante questa precaria condizione il fato sembra sorridergli. Questa notte, con l’eliminazione di Berdych prima e Dimitrov poi, il quarto di tabellone dello spagnolo si libera da ogni qualsivoglia tipo di avversario sulla carta ostico, concedendogli la possibilità di giungere in semifinale senza obbligarlo ad incontri difficoltosi. Certo, la storia insegna come Rafa sia spesso, negli ultimi tempi, vittima di sconfitte patite per mano di insospettabili talenti grezzi (Pouile, Shapovalov e Kyrgios, per dirne tre), ma anche un Dolgopolov ispirato, nonostante le succinte parabole dello spagnolo, non appare a Nadal come un reale pericolo.

-A proposito di Dolgopolov. L’ucraino, accusato apertamente, la scorsa settimana, di essere implicato nel giro di scommesse che ruotano attorno al mondo del tennis per aver perso in 55 minuti una partita sospetta contro Monteiro, numero 114 del mondo, ottiene sul campo una vittoria prestigiosa. Certo, anche nel caso del ceco è giusto menzionare i presunti problemi fisici che ne hanno visibilmente condizionato la mobilità, ma rimane, come per tutta la carriera, la sensazione che Berdych sia troppo abituato alla sconfitta. Tecnicamente è eccezionale. Vedendolo dal vivo, o in slow motion, pare giochi tutti i colpi con una naturalezza incredibile, quando invece, a livello di penetrazione e pesantezza di colpi, ha pochi eguali. Pecca ancora, però, in presenza emotiva. Berdych è vuoto, a tratti inesistente, e gli Us Open di quest’anno non fanno altro che confermarne questa condizione.

-Radwanska come medicina afrodisiaca dopo essere stato costretto a subire l’angosciante agonia del derby rumeno tra Niculescu e Bodgan, concluso dopo tre set con la vittoria della prima, capace, con il suo costante dritto in chop dal movimento così antiestetico, di produrre nel pubblico continui attacchi di epilessia fulminante. Come dicevo, però, ci pensa la polacca a risolvere tutto, raggiungendo il terzo turno dopo essersi burlata della povera Putintseva, obbligata, invano, a rincorrere gli spietati tagli della Maga. Avanti così, prosegue la marcia sbilenca dell’unica giocatrice in grado di conferire un briciolo di dignità allo sgangherato circuito femminile.

-Il giovane Rublev, lo stesso accusato dal nostro Fognini di giocare “a caso, manco fosse alla playstation”, batte Dimitrov in tre set, conferendo, per chi ancora avesse qualche perplessità, due autentiche certezza. La prima è che Dimitrov, classe 1991, è il più talentuoso della propria generazione, ovvero quella che comprende, tra gli esponenti di maggior rilievo, Raonic e Nishikori. La seconda, ancora più evidente, è che l’ormai nota ‘NextGen’ sia indubbiamente più dotata della precedente, quella di Dimitrov, appunto, avendola ormai scalzata con la presenza di giovani dal futuro certo (Zverev, Thiem e Shapovalov) ed altri dalle potenzialità, grandissime, ancora da limare. Il nuovo avanza sempre più, dando la sensazione di aver già voglia di scalzare gli antichi dittatori.

Dal vostro misero cronista è tutto.
A domani.

0 comments
  1. Non sempre si può al top !!in fondo il gioco del tennis è anche questo ci sono giornate si è giornate no ! Ma se anche in queste giornate negative vincono sono campioni !e Federer e Nadal lo sono !!

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