Dopotutto Dominic Thiem non è stato top 10 per caso. Badate, l’uso apparentemente improprio del passato non è frutto di un banale errore di sintassi. Da qui a Wimbledon, torneo più torneo meno, il giovane austriaco uscirà probabilmente dal ristretto gruppo che occupa i vertici della classifica, salvo poi tornarvi, come giusto che sia, qualche mese dopo. Questa noiosa e, per molti, scontata premessa, risulta necessaria al fine di introdurre una velata giustificazione alla sconfitta patita da Alexander Zverev nel primo turno del torneo di Rotterdam, giunta qualche giorno dopo la seconda affermazione in carriera a livello di circuito ATP. Nonostante, come già detto svariate volte, il lampione tedesco mi entusiasmi quanto un imperdibile primo turno tra Errani e Barbora Zahlovova-Strycova, non possono fare a meno di riconoscergli svariate qualità, tra le quale spicca, a mio avviso, la migliore credibilità per un futuro brillante a cui parecchi, secondo gli illuminati esperti, sono destinati.
Sento spesso, infatti, i suddetti proverbiali vaticini. Per molti, un classe ’96 che tira un rovescio vincente diverrà, per incomprensibile logica aristotelica, il prossimo numero uno del mondo. Se il rovescio in questione, poi, è addirittura ad una mano, record infranti e Grande Slam assicurato, con buona pace del vetusto Rod Laver.
Non è di certo sulla geniale imprevedibilità che il nativo di Amburgo fonda il suo gioco schematico. Per virtuosismi e svirgolettate varie (sublime neologismo), esiste appositamente l’altro ramo della famiglia Zverev, eternamente perdente e in ugual modo delicato.
E’ un gioco, quello di Sasha, che si basa principalmente sulla lapalissiana efficacia di servizio e rovescio, a cui dovranno necessariamente essere affiancati una maggiore stabilità e precisione di dritto ed una sicurezza nei pressi della rete per ora inesistente. Per dare un’iperbolica idea della situazione. L’ultima volta che, disperato, ha tentato la via della volee, si è rotto il setto nasale, colpendosi al volto con il piatto corde nel tentativo di smorzare la palla.
Parlando da parziale commentatore, palese tifoso del cigno bianco Pouille che sempre più mi ricorda un fresco Gasquet, entro la fine dell’anno Zverev sarà, in classifica e nella pura e metodistica impressione collettiva, il miglior giocatore della sua generazione, vincendo almeno un Master 1000 utile alla propria definitiva consacrazione, con la speranza, vana e totalmente egoista, che non si qualifichi per il Master di Londra, così da poterlo osservare dal vivo nel nuovo Master under 21 di Milano, per studiare da vicino le tanto decantate qualità da predestinato.