Serena Williams: giusto venerarla tanto quanto Federer?

Esiste un fenomeno a Wimbledon che potremmo chiamare Federer Face: quella luce che abbaglia gli occhi degli spettatori dopo che hanno visto giocare il 17 volte campione Slam, una foglia che ondeggia dolcemente al vento dell’All-England Club.

E’ una sorta di piccolo debito nei confronti della sua grandezza, il piacere di essere in qualche modo parte della sua storia: una storia da raccontare ai nipoti, la condivisione di un omaggio per quello che probabilmente è il più grande che ci sia mai stato. Con tutto ciò che ha fatto Federer a Wimbledon, e lo stile con cui lo ha fatto, è una reazione comprensibile. Ciò che appare meno logico è il perchè questo non accada per Serena Williams.

C’è ammirazione, naturalmente, e un grande rispetto di fronte a ciò che ha ottenuto. Ma anche dopo la sua venticinquesima finale Slam, non sembra esserci lo stesso fanatismo nel vedere certe capacità in una persona sola. Sabato scorso, battendo la spagnola Garbine Muguruza, ha vinto Wimbledon per la sesta volta, completando il Serena Slam: ora detiene il titolo di tutti i quattro tornei più importanti. Di 28 semifinali Slam giocate, ne ha perse solo tre e di quelle 25 finali, ne ha perse solo cinque.
Serena è la più anziana giocatrice, maschile o femminile, ad essere stata numero uno del mondo; a 16 anni dal suo primo trionfo Slam, all’età di 17 anni, ha vinto i primi tre dell’anno ad appena otto settimane dal suo 34esimo compleanno. Per far capire, sono passati 12 anni tra il primo trionfo Slam di Martina Navratilova e il suo ultimo; stessa cosa per Steffi Graf. Margaret Court vinse a distanza di 13 anni, ma non riuscì mai più ad imporsi dopo i 31 anni.
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E Federer? Ha vinto il suo primo evento del Grande Slam nel 2003 e il suo ultimo – finora – nel 2012 – un arco di tempo di sei anni più breve di Serena. Nati a distanza di un mese l’uno dall’altra, nel corso degli ultimi quattro anni e mezzo Federer ha vinto uno Slam, Serena nove.

Che Maria Sharapova abbia guadagnato più della Williams in carriera, per esempio, pur essendo stata battuta 18 volte nei loro 20 incontri è una riflessione che fa dispiacere sia dal punto di vista del calcolo del valore commerciale di una sportiva, sia da quello dell’apprezzamento di ciò che contraddistingue un vero campione.

Serena ha dimostrato che si può essere duri, senza paura, coraggiosi, concorrenti temibili, pur rimanendo donna” – dice l’ex numero uno del mondo e tre volte campione Slam Lindsey Davenport, che ha trascorso gran parte della sua carriera a dividersi titoli contro Serena Williams – “Era l’avversario che mi faceva più paura di tutti, sebbene ci fossero alcuni giocatrici molto più temibili dal punto di vista dei record o del gioco, come Steffi Graf, ma con Serena ero spaventata da tutto: la sua passione, il suo atteggiamento, il servizio, il suo potere, il suo atletismo. Lei gioca a tennis ad un livello diverso, è meglio di qualsiasi giocatrice del tour anche se è soltanto all’80% e penso che vincerebbe un sacco di partite persino al 50%“.

In effetti, è davvero ammirevole la forza fisica della Williams: servizio senza precedenti a parte, la tecnica è impeccabile e, soprattutto, impermeabile a pressioni e occasioni. E poi ci sono gli scambi da fondo con i quali ottiene sempre il controllo del match assieme ad una profondità di colpo e un posizionamento distruttivi.

E la forza mentale: i tre titoli Slam vinti dopo aver annullato dei match point; la depressione e le difficoltà del 2006 che l’hanno fatta precipitare al numero 95 del mondo e l’embolia polmonare del 2010, che avrebbe potuto farle terminare la carriera.

Martina Hingis è solo un anno più vecchia, eppure si è ridotta a giocare occasionalmente il doppio: il suo corpo è stato rovinato da un infortunio e il suo amore per il gioco è andato scemando già tempo fa. Justine Henin, un anno più giovane, si è ritirata per la seconda volta nel 2011. Kim Clijsters, più giovane ancora, ha abbandonato i campi da gioco tre anni fa. Per andare avanti come Serena ci vuole un miracolo. E per continuare ad essere al top ce ne vuole un altro.

Nella parte centrale della sua carriera, quando lei ha attraversato un vero e proprio momento di stallo, c’erano molti ostacoli da superare per lei” – dice la Davenport, sconfitta da Serena nella finale degli Australian Open del 2005 – “Da qualche parte nella sua carriera è stata in grado di schiacciare un interruttore che ha fatto sì che lei invertisse il trend: ha iniziato molto bene, ma ha finito ancora meglio. Il successo è arrivato molto più tardi di quanto abbia fatto per alcuni campioni che abbiamo visto in precedenza“.

In quel periodo, quando aveva vinto 8 di 14 Slam era nella terra di nessuno. So che sembrerebbe ridicolo, ma aveva bisogno di obiettivi e motivazioni per battere i record. Una volta che ha ottenuto 14 titoli del Grande Slam era come se dicesse ‘Aspetta un momento, mi sto avvicinando ai 18 di Chris Evert e Martina Navratilova e sono un po’ più vicina al record di sempre di Steffi Graf’. In uno strano modo ha contribuito anche avere Federer dall’altra parte, che ancora oggi è impegnato e competitivo e allora stava vincendo Slam a tutto spiano. Tutto ad un tratto è diventato normale voler competere a 30 anni ed essere in grado di dominare“.

Federer ispira devozione come pochi altri giocatori. E’ impossibile immaginarlo che si comporta come ha fatto Serena durante la semifinale US Open persa nel 2009, quando, dopo che le fu fischiato un fallo di piede, investì un giudice di linea minacciandolo di infilargli una pallina da tennis in un posto dove non batte il sole.

Federer riesce sempre a controllarsi, almeno fino al match point, momento in cui molte volte l’abbiamo visto buttarsi a terra e piangere. Serena ha almeno tre tratti contradditori nel suo carattere: la giocatrice guerriera, la ragazza gentile che adora le borsette e la moda, e la donna insicura a cui non piace il proprio corpo. Addirittura ci sono anche dei nomi per queste personalità: Summer, che è tutta sorrisi e ringraziamenti; Psycho-Serena, la concorrente sul campo, e poi Taquanda, quella degli US Open che non vorresti mai trovarti di fronte, sia che abbia una pallina da tennis in mano che non.

Pretenziosa? Difficile da calmare? E’ una donna così priva di fiducia da rifiutarsi di sollevare pesi perchè preoccupata che le sue braccia sembrino troppo grandi, una donna cresciuta all’ombra di una sorella maggiore che ha avuto più successo, ma che poi ha dovuto imparare a sconfiggere, cresciuta in una zona dove nessuno si è mai domandato a che cosa stava puntando.

Non è mai stato quello che si definirebbe buono” – ha detto del suo rapporto con Venus – “Ma volevo non essere in secondo piano“. E’ la complessità del personaggio di Serena, la cosa che sembra distanziare lei e alcuni fan, che invece dovrebbero rendersi conto dei suoi successi. E’ talmente perfezionista sul suo tennis che si rifiuta di giocare una partita di allenamento quando perde, mentre insiste a giocare una serie di punti non collegati fra loro. “E’ difficile stare da soli in cima” – ha detto – “Tutti vogliono battermi, tutti mi parlano dietro. Tutti a domandarsi ‘perchè?’. Io sono un essere umano“.

C’è una serie di ragioni per cui avrebbe potuto sfuggire a tutto questo. Ha vinto abbastanza, guadagnato abbastanza, si è dimostrata superiore a Venus e a tutte le grandi rivali che ci sono e sono passate. Eppure continua a giocare, a vincere, a comandare. “E’ straordinario quello che è riuscita a realizzare nel corso degli ultimi 3-4 anni” – dice Davenport – “E bisogna dare molto credito al suo allenatore Patrick Mouratoglou. Era sempre stata allenata solo dai genitori per molto tempo e non era sicuro che sarebbe riuscita a comprendere e rispettare la voce di un’altra persone, ma ha lasciato che fosse qualcun’altro ad aiutarla e il resto è venuto da sè“.

Chissà perchè? Chissà come? Nessuno conosce la complessità del loro rapporto, ma il suo successo deriva dal suo credere in sè stessa e nel mantra ‘Tu sei la migliore, e puoi dimostrarlo ancora’. La loro striscia positiva è incredibile. Non si può negare che lui la aiuti emotivamente in qualsiasi torneo a cui partecipa. Riesce a canalizzarla nella giusta direzione“.

Che dominio. A chi si può paragonare fuori dal tennis? Tiger Woods ha vinto il suo primo Major nel 1997 e il suo ultimo nel 2008. Cristiano Ronaldo aveva 14 anni e viveva ancora a Madeira quando Serena iniziava il suo regno, Leo Messi ne aveva 12. Kobe Bryant ha vinto cinque anelli NBA, ma forse solo Floyd Maywather, ancora imbattuto per 48 incontri dal suo debutto professionale nel 1996, può reggere il confronto. Per rimanere la migliore, Serena ha dovuto più volte battere i migliori. Mai match facili, mai anni facili, mai titoli vinti facilmente.

Difficile. Senza paura. Coraggiosa. Competitiva, e ancora una donna. Questo è Serena ed è per questo che dovremmo celebrarla, anche se sembra inarrestabile, anche se c’è sempre.

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